Il contesto di riferimento

Utenti Internet ultimi 12 mesi 2010 2011 2012 2013 2014 2015
Sesso            
Maschi 54,6% 56,6% 58,3% 60,2% 62,4% 65,0%
Femmine 43,6% 46,7% 47,0% 49,7% 52,8% 55,8%
Classe di età            
6-10 anni 36,7% 38,2% 40,7% 44,9% 44,6% 43,8%
11-14 anni 75,7% 78,0% 76,3% 80,7% 80,9% 80,4%
15-17 anni 87,2% 89,1% 88,3% 89,6% 91,2% 92,0%
18-19 anni 90,4% 88,7% 88,6% 89,9% 93,9% 92,0%
20-24 anni 82,1% 85,5% 85,6% 85,4% 89,3% 90,7%
25-34 anni 73,3% 77,0% 78,9% 80,1% 89,3% 85,1%
35-44 anni 64,6% 69,4% 68,9% 73,4% 76,1% 80,1%
45-54 anni 53,0% 56,0% 58,6% 61,2% 66,1% 70,0%
55-59 anni 41,0% 42,2% 45,2% 48,7% 52,0% 60,4%
60-64 anni 25,2% 28,6% 30,9% 36,4% 41,1% 45,9%
65-74 anni 12,1% 13,8% 16,3% 18,9% 21,2% 25,9%
75 anni e più 2,0% 2,7% 3,3% 3,5% 4,4% 6,7%
Ripartizione geografica            
Nord-Ovest 53,6% 56,5% 57,1% 58,0% 61,5% 64,6%
Nord-Est 51,3% 55,9% 57,6% 60,1% 61,5% 65,2%
Centro 51,3% 54,2% 55,0% 57,6% 60,4% 61,6%
Sud 41,9% 43,6% 43,3% 46,7% 49,2% 53,1%
Isole 44,5% 44,0% 47,5% 49,9% 53,0% 53,8%
Condizione occupazionale            
Occupati 68,7% 71,7% 73,0% 75,7% 79,1% 81,1%
In cerca di nuova occupazione 54,8% 58,8% 56,3% 61,0% 65,1% 68,5%
In cerca di prima occupazione 59,7% 68,9% 66,5% 68,0% 75,7% 77,9%
Casalinghe 17,1% 19,5% 19,3% 21,6% 24,3% 29,8%
Studenti 91,8% 92,3% 93,2% 92,1% 93,4% 94,1%
Ritirati dal lavoro 13,3% 14,7% 16,3% 18,3% 19,1% 23,2%
Altra condizione 22,6% 23,2% 24,3% 24,9% 25,5% 31,0%
Totale 48,9% 51,5% 52,5% 54,8% 57,5% 60,2%

La domanda di servizi in rete

Il ritardo dell’Italia

II quadro che emerge dagli ultimi dati resi disponibili dal Digital Agenda Scoreboard [2] evidenzia una situazione di estrema debolezza nell’utilizzo dei servizi in rete da parte di cittadini e imprese italiani.

Al di là della dicotomia relativa agli aspetti infrastrutturali, per cui l’Italia risulta allineata alla media europea per la banda larga, mentre presenta una situazione di grave ritardo nella banda ultra larga, il divario rispetto agli obiettivi dell’Agenda Digitale Europea è tuttora rilevante. Il dato di penetrazione della banda larga in Italia è del 24,1% rispetto alla media UE del 31,6%.

Gli utenti regolari [3] di Internet sono solamente il 63% degli utenti di età compresa tra 16 e 74 anni, contro una media europea pari al 76%, mentre per converso sono il 28% gli italiani che non hanno mai utilizzato Internet contro il 16% della media europea.

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Il livello di utilizzo dei diversi servizi in rete è di norma inferiore alla metà del valore medio riscontrabile all’interno dell’Unione Europea e, di conseguenza, molto distante dagli obiettivi europei fissati per il 2015. La diffusione dell’acquisto di beni e servizi in rete è leggermente superiore al 20% in Italia, a fronte del 53% medio dell’Unione Europea, con valori ancora più bassi per gli acquisti cross-border (11% contro il 16%).

Allo stesso tempo, i cittadini italiani che hanno utilizzato servizi di e-government sono pari a circa il 24% rispetto al 46% medio europeo, mentre coloro che hanno inviato moduli della Pubblica Amministrazione compilati sono poco più del 10% contro il 26%.

Il divario è rilevante anche per le piccole e medie imprese (imprese con 10 e più addetti) che vendono online. In effetti, solo circa il 7% delle PMI italiane vendono in rete [4], rispetto al 16% europeo.

Analizzando la dinamica degli ultimi tre anni si rileva come, nonostante l’incremento nel valore degli indicatori, il posizionamento relativo rispetto alla media europea tenda in realtà a peggiorare, ad eccezione degli utenti regolari di Internet e dell’invio di moduli compilati della Pubblica Amministrazione.

La domanda dei cittadini

II ritardo nell’utilizzo dei servizi in rete trova origine innanzitutto nelle caratteristiche socio-demografiche della popolazione che utilizza Internet. In effetti, mentre per la fascia di età 16-24 anni il differenziale è di circa 6 punti percentuali rispetto alla media europea, il divario cresce sensibilmente per le fasce di età successive (di 15 punti per la fascia 25-54 e di circa 19 punti per la fascia 55-74 anni).

L’uso di Internet da parte degli individui - Dati 2015

In sintesi, le principali differenze nell’utilizzo di Internet da parte dei cittadini si possono riassumere nel seguente modo [5]:

  • L’utilizzo di internet cresce con l’età, fino ad arrivare a sfiorare il 92% nella fascia 18-19 anni, per poi scendere progressivamente al 80% nella fascia 35-44 anni, poco al di sopra del 60% per quella di 55-59 anni, fino a valori inferiori al 7% nella fascia di 75 anni e oltre;
  • Permane un differenziale di poco più di 10 punti tra l’utilizzo di Internet da parte dei maschi rispetto alle femmine;
  • La penetrazione per area geografica varia dal 64,6% del Nord-Est al 53,8% delle Isole;
  • La penetrazione per condizione professionale è attorno al 29% per le casalinghe e i ritirati dal lavoro (23,2%), ma sale, rispettivamente oltre l’80% e il 94% per gli occupati e gli studenti;
  • L‘87,1% delle famiglie con almeno un minorenne possiede un collegamento a Internet, mentre nelle famiglie di soli anziani di 65 anni e più la presenza di Internet scende al 16,3%.

Oltre al ritardo nell’utilizzo di Internet si aggiunge anche il divario negli skills digitali. In Italia, il 55% degli individui nella fascia 16-74 anni possiede un livello di skills ICT basso (20,6%) o nullo (34,4%), contro il 44% della Spagna, il 43% della Francia, il 33% della Germania e il 32% del Regno Unito, fino ad arrivare a valori inferiori al 30% per Finlandia, Svezia, Olanda, Danimarca e Lussemburgo [6].

Ulteriori differenze si riscontrano anche nei servizi utilizzati dagli utenti Internet italiani rispetto a quelli degli altri Paesi dell’UE. L’indice di diversificazione delle attività svolte in rete è inferiore a 5 per l’Italia, contro la media europea di 6,4 [7]. In effetti, mentre le attività legate alla comunicazione e all’informazione presentano dei livelli di diffusione allineati rispetto alla media europea, per quanto riguarda le attività transattive il divario rimane particolarmente ampio (39% di acquisti online contro il 65%, 43% di online banking contro il 57%). Allo stesso tempo, gli utenti Internet che hanno utilizzato servizi di e-government nell’ultimo anno è stato pari al 35,3%, contro il valore medio europeo del 57% [8].

Anche se negli ultimi anni la crescita maggiore è riferibile all’interazione con altri utenti attraverso i social network, si riscontrano sensibili incrementi per l’insieme delle attività svolte online. Ad esempio, dal 2013 al 2014 cresce l’utilizzo di wiki per ottenere informazioni su qualsiasi argomento dal 58,7% al 60,8%.

Le motivazioni principali che guidano le relazioni online con la Pubblica Amministrazione, sono il pagamento delle tasse (26,3%), l’iscrizione a scuole superiori o all’università (21%) e l’accesso alle biblioteche pubbliche (16,9%) e la prenotazione di visite mediche (16,7%) [9]. La condizione professionale è la caratteristica che influenza maggiormente la motivazione del contatto con la Pubblica Amministrazione.

Riguardo al gradimento dei servizi online della Pubblica Amministrazione e alle criticità riscontrate, si può notare come:

  • Un elevato livello di soddisfazione venga rilevato per meno del 5% degli utenti Internet, ma è anche vero lo stesso valore si riscontra per gli utenti per nulla soddisfatti. La maggior parte degli utenti si dichiara, invece, abbastanza soddisfatto, con un gradimento relativamente maggiore per l’utilità delle informazioni disponibili (67%) rispetto ad altri aspetti come le informazioni sullo stato di avanzamento delle pratiche (49%);
  • A livello territoriale, la quota di utenti soddisfatti diminuisce dal Nord al Sud, con i valori più elevati per regioni come Trentino Alto Adige e Umbria e valori minimi per Calabria e Sicilia. Anche se le differenze non sono particolarmente rilevanti, si risconta un gradimento leggermente superiore alla media per i comuni centro di aree metropolitane e i piccoli comuni, mentre le criticità maggiori sono riferibili alle periferie delle aree metropolitane;
  • La qualità delle informazioni (completezza, chiarezza, aggiornamento) vengono citate dal 36% degli utenti Internet come la principale criticità, seguita dai problemi tecnici del sito (28%) e dalle carenze del servizio di assistenza (21%).

Infine, per quanto concerne le motivazioni che spiegano il mancato utilizzo di Internet da parte delle famiglie, il principale ostacolo rimane la mancanza di skills (56,3%), seguito dalla percezione di inutilità (24,5%), mentre la barriera dell’accessibilità economica riveste un peso relativamente meno importante (14,4% degli intervistati cita il costo del collegamento o il costo degli strumenti per connettersi). Da notare, inoltre, come l’8,2% delle famiglie dichiari di collegarsi in realtà da altri luoghi [10].

Questo ultimo aspetto va tenuto in dovuta considerazione nello sviluppo dei servizi in rete vista la rapida crescita dell’utilizzo dei dispositivi mobili per lo svolgimento delle diverse attività in rete. In effetti, nel 2013 erano già 1/3 di utenti che utilizzavano Internet in luoghi diversi da casa o dal posto di lavoro [11].

Un ulteriore aspetto fondamentale nell’orientamento delle politiche per lo sviluppo dei servizi in rete è rappresentato dal peso ancora prevalente dell’utilizzo dei canali più tradizionali per l’interazione con la Pubblica Amministrazione.

Secondo un’indagine condotta dall’lstat nel 2012 [12], il contatto diretto tramite lo sportello rappresenta la modalità ancora prevalente nella relazione con la Pubblica Amministrazione (64%), seguita dal telefono (18%), mentre l’utilizzo degli strumenti online si ferma a meno del 20%. L’utilizzo degli strumenti online supera il 35% per i giovani con meno di 30 anni e per le persone con un elevato grado di istruzione.

Modalità prevalente di contatto tra PA - consumatori

Anno 2012, quote percentuali di risposta per titolo di studio

Modalità prevalente di contatto tra PA - consumatori

II grado di soddisfazione per i servizi prestati online è superiore nel caso delle pratiche scolastiche (82% di utenti molto o abbastanza soddisfatti) rispetto alle pratiche sanitarie (73%) a quelle anagrafiche e a quelle riguardanti il lavoro (70% e 69%, rispettivamente). Anche se per circa il 40% la qualità del servizio è migliorata nell’ultimo anno, la maggioranza (48%) ritiene che non ci siano stati miglioramenti sensibili. La situazione sopra descritta evidenzia come l’obiettivo dell’Agenda Digitale Europea di avere entro il 2015 il 75% dei cittadini utenti regolari di Internet non sia stato raggiunto dal nostro Paese. Negli ultimi cinque anni l’utilizzo di Internet è cresciuto dal 51,5% al 60,2%, con incrementi annui che sono dell’ordine di alcuni punti percentuali nell’ultimo periodo [13].

La domanda delle imprese

Gli indicatori analizzati dal Digital Agenda Scoreboard in materia di adozione di servizi digitali mostrano come le imprese italiane (10 e più addetti) siano allineate rispetto alla media europea in materia di utilizzo di applicazioni gestionali integrate (ERP), mentre il divario è più marcato per l’utilizzo di applicazioni di gestione della relazione con i clienti (CRM), ma anche riguardo alla diffusione di dispositivi aziendali mobili. Il divario è invece relativamente minore riguardo alla presenza di siti web e alla fatturazione elettronica.

eBusiness indicator Italy 2014

Uno dei dati peggiori riguarda l’e-commerce, che potrebbe invece rappresentare un buon volano, anche per l’export. Solo il 7% delle imprese italiane vende online [14]

Soprattutto per le imprese con meno di 10 addetti, che sono la stragrande maggioranza del tessuto produttivo, la diffusione delle attività in rete sconta le difficoltà nelle competenze già rilevate per i

cittadini che si accentuano per le imprese nelle quali l’età del titolare di impresa è più elevata.

Enterprises using computer network for sales (at least 1%) – Dati 2015

Enterprises using computer network for sales (at least 1%) – Dati 2015

Da notare, come per oltre il 40% delle imprese il principale ostacolo all’utilizzo di Internet sia la percezione di inutilità rispetto alla propria attività.

Un’area in forte crescita e evoluzione è relativa all’utilizzo dei social media. Circa il 37% delle imprese utilizza almeno un social media e il 14,4% ne utilizza almeno due, con la finalità di sviluppare l’immagine dell’impresa e dei suoi prodotti (19%), ma anche di interagire con la clientela per rispondere a domande ovvero sviluppare nuovi prodotti e servizi (rispettivamente il 13% e il 9% delle motivazioni dell’utilizzo).

Per quanto concerne i rapporti con la Pubblica Amministrazione, sono circa l‘86% le imprese che utilizzano Internet per relazionarsi con le amministrazioni pubbliche.

Utilizzo dei principali servizi di e-government da parte delle imprese

Utilizzo dei principali servizi di e-government da parte delle imprese

Anno 2012, quote percentuali di imprese che dichiarano di aver utilizzato lo strumento

I dati rilevati dall’lstat nel 2012 consentono di ricostruire un quadro più completo dell’utilizzo da parte delle micro-imprese dei servizi in rete offerti dalla Pubblica Amministrazione [15].

La modalità di interazione prevalente è diventata la posta elettronica (quasi il 70%), con una quota significativa di imprese che utilizzava la posta elettronica certificata (35%), mentre le modalità più tradizionali sono in progressiva riduzione.

I servizi più diffusi sono la gestione dei certificati medici (86%), seguiti dai servizi per il lavoro (77%) e dalla posta elettronica certificata (35%), mentre gli altri servizi presentano una diffusione significativamente inferiore (gare d’appalto al 18%, sportello unico delle attività produttive al 16%, fino alla fatturazione elettronica al 10%.

In realtà, appare chiaro come la rapida diffusione dell’utilizzo dei servizi in rete sia strettamente legata all’obbligatorietà o meno delle procedure telematiche e questo a maggiore ragione per le imprese minori.

Anche se il 40% delle imprese dichiara di non aver riscontrato nessun problema nell’utilizzo dei servizi online, i principali ostacoli all’utilizzo o ad un uso più esteso sono riconducibili alla necessità di un contatto personale (26%), a difficoltà tecniche (18%), ovvero a timori per la sicurezza del processo (10%). Le valutazioni sulla percezione della qualità del servizio e la sua evoluzione sono sostanzialmente in linea con il punto di vista dei cittadini (cfr. sopra).

L’offerta di servizi in rete

Anche se possono esserci delle specificità nazionali legate alle strategie di sviluppo dei grandi attori internazionali, l’offerta dei servizi online privati è di fatto globalizzata. I fornitori di servizi nazionali adottano delle strategie di nicchia o multi nicchia per soddisfare specifiche esigenze locali, ovvero diversi livelli di maturità della domanda, ma gli scenari di offerta rispecchiano delle traiettorie di sviluppo che tendono ad essere relativamente omogenee rispetto a quanto accade nei principali Paesi europei. Allo stesso tempo, gli attori internazionali introducono i servizi più innovativi sui singoli mercati nazionali secondo una tempistica che rispecchia il potenziale locale, ovvero l’esistenza di vincoli Paese di tipo infrastrutturale, regolamentare o normativo. Di fatto, l’Italia non viene spesso considerato tra i primi Paesi da indirizzare per l’ingresso sul mercato europeo [16].

L’analisi che segue è, di conseguenza, incentrata sull’offerta dei principali servizi online e sulle politiche di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione.

Il posizionamento dell’Italia

eGovernment Benchmark europeo

Secondo i dati dell’eGovernment Benchmark [17] europeo, l’Italia presenta una situazione dicotomica. In effetti, mentre per quanto riguarda la disponibilità dei servizi il posizionamento dell’Italia risulta tra i migliori, la situazione è molto meno positiva sia in termini di facilità di utilizzo che dei livelli prestazionali.

Esaminando con maggiore dettaglio le diverse componenti di servizio oggetto del confronto, si conferma il punto di forza dell’Italia sulla componente di “User Centricity” (soprattutto la disponibilità on-line dei servizi) e la trasparenza, mentre appare carente la disponibilità e usabilità dei servizi transfrontalieri. Tra i fattori chiave abilitanti, sopra la media appare solamente l’identità digitale, mentre permane un significativo ritardo in particolare riguardo agli aspetti di sicurezza delle transazioni e alla documentazione elettronica.

Come negli altri Paesi europei, anche in Italia si riscontra una maggiore disponibilità e qualità dei servizi di e-government a livello centrale rispetto al livello locale.

La situazione nelle diverse aree applicative

Prendendo in considerazione i principali comparti dell’Amministrazione con ricadute significative su cittadini e imprese (Sanità, Scuola, Giustizia, Anagrafe, Pagamenti, ecc), la situazione rimane altamente differenziata sul territorio, ad eccezione del settore della Giustizia, dove l’attivazione del Processo Civile Telematico è divenuta obbligatoria per tutti i soggetti e per tutto il territorio nazionale dal 30 giugno 2014. La digitalizzazione del processo penale è invece ancora sperimentale in alcune sedi giudiziarie.

Sanità

II processo di digitalizzazione della sanità, già avviato dopo la pubblicazione delle linee guida sul Fascicolo Sanitario Elettronico da parte del Ministero della Salute nel 2011, ha subito nel corso degli ultimi anni un’importante accelerazione, con l’approvazione di diversi decreti in materia di sanità elettronica e la diffusione del Fascicolo Sanitario Elettronico su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, a fronte di un quadro

di programmazione ormai definito, la diffusione sul territorio del Fascicolo Sanitario Elettronico (FSE) è ancora molto frammentata. In base ai dati del Rapporto sull’Innovazione nell’Italia delle regioni (RIIR) pubblicato dal CISIS nel 2012, il FSE è stato già realizzato ed è a disposizione dei cittadini in quattro regioni (Lombardia, Emilia-Romagna, Toscana, Sardegna) e nella Provincia Autonoma di Trento, ma il numero di fascicoli realmente attivi e funzionanti è ancora molto basso: solo il 13% della popolazione è dotata di un fascicolo attivo, di cui la gran parte risulta residente in Lombardia (6 milioni circa di FSE attivi). Inoltre, le funzionalità integrate nei diversi fascicoli e la tipologia di documenti gestiti in digitale che confluiscono nei repository sono ancora molto disomogenee tra di loro.

Fonte: CISIS, 2012

Diffusione e adozione del Fascicolo Sanitario Elettronico

Uno dei problemi principali da affrontare per arrivare ad una completa diffusione del FSE rimane il livello di informatizzazione delle aziende sanitarie sul territorio: l’Osservatorio sulla sanità elettronica del Politecnico di Milano segnala infatti che solo il 6% delle cartelle cliniche in Italia è dematerializzato [18] e, problema ancora più rilevante, il grado di maturità ed interoperabilità tra le cartelle elettroniche disponibili è ancora troppo basso.

Un ulteriore tema rilevante è l’aggiornamento della ricetta elettronica e la sua integrazione con i servizi erogati attraverso il FSE, di cui è prevista l’entrata a regime per il 90% delle prescrizioni entro il 2016 in tutte le Regioni.

In base ai dati di fine 2014 dello Smart City Index EY [19], il 53% delle aziende sanitarie offre la possibilità di prenotare online le visite specialistiche, il 29% di pagare il ticket via web ed il 49% di accedere ai referti. Molto importante risulta la presenza di piattaforme di livello regionale che offrono il servizio a tutte o alla maggior parte delle aziende sanitarie presenti sul territorio.

Da novembre 2015 tutte le aziende sanitarie dovrebbero consentire ai cittadini la possibilità di pagare i ticket online e rendere disponibili i referti anche in formato digitale, tuttavia l’azione non appare ancora diffusa sull’intero territorio nazionale [20].

Infine, il Patto per la Sanità Digitale [21] che intende rafforzare l’impegno congiunto tra Regioni e Governo per l’innovazione tecnologica nella sanità, prevedendo l’avvio di attività per la definizione di un Masterplan per le iniziative di Sanità Digitale.

Scuola

Anche l’Italia, come gli altri Stati membri dell’Unione Europea, ha avviato negli ultimi anni diverse iniziative e progetti per rinnovare il sistema scolastico nazionale e diffondere l’innovazione digitale nelle scuole. In particolare, a partire dal 2008, il MIUR (Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca) ha realizzato il piano “Scuola Digitale”, che concentrava l’attenzione su tre obiettivi chiave:

  • La diffusione di Lavagne Interattive Multimediali (LIM) nelle scuole;
  • L’allestimento di classi tecnologicamente avanzate (progetto “Cl@ssi 2.0”);
  • La realizzazione di un modello di didattica avanzato per le zone territorialmente disagiate attraverso il progetto “Isole in rete”.

Le azioni del piano sono state poi rafforzate nel Piano eGov 2012 (del 2009) e nell’Agenda Digitale Italiana (2012), ove è stato introdotto il nuovo “Piano Nazionale Scuola Digitale”, che prevede, oltre al rafforzamento delle linee precedentemente descritte, anche la costituzione di centri scolastici digitali per garantire l’offerta formativa anche in contesti territoriali svantaggiati, nonché l’introduzione dei testi scolastici digitali a partire dall’anno scolastico 2014/2015 [22]. Le dotazioni tecnologiche nelle scuole statali risultavano, nell’anno scolastico 2013-14, e ancor più nell’anno scolastico 2014-2015 [23], in crescita in tutti i livelli scolastici e le tipologie di scuole. La dematerializzazione dei principali processi ha ormai raggiunto la maggior parte degli istituti: registro elettronico 69,2%, comunicazione online scuola-famiglia 58,3%. Le dotazioni multimediali riguardano sia i laboratori (82,5% connessi in rete, 60,5% dotati di LIM o proiettore interattivo), che le classi (rispettivamente il 70% e il 48%). Le connessioni ad Internet ad alta velocità sono presenti nel 23% degli istituti del secondo ciclo e il 10% di quelli del primo ciclo. Infine, il numero di studenti per PC è sceso a 7,8 (dagli 8,7 del 2012), con valori pari a poco meno di 10 unità per il primo ciclo e 5,7 per il secondo ciclo. A livello territoriale, alcune Regioni del Sud (Molise, Puglia, Basilicata, Sardegna), grazie all’utilizzo efficace dei fondi strutturali, mostrano percentuali di adozione più elevate della media italiana. Tra le altre Regioni, i tassi di penetrazione più elevati si riscontrano nelle Marche, Emilia-Romagna, Toscana e Friuli Venezia Giulia. La recente Legge 13 luglio 2015, n. 107 “Riforma del sistema nazionale di istruzione e formazione e delega per il riordino delle disposizioni legislative vigenti” (G.U. Serie Generale n.162 del 15-7-2015) aggiorna ed evolve anche i programmi di digitalizzazione sia della infrastruttura, sia della didattica.

Servizi PA locale

Quasi tutti i Comuni hanno ormai un sito web (99,4%) [24], anche se meno del 20% eroga servizi che possono essere svolti completamente online. I tributi locali (tasse sulla casa e sui rifiuti) sono i più diffusi (oltre il 60%), seguiti dai servizi legati all’anagrafe (57%).

Oltre metà dei Comuni con più di 60.000 abitanti offre servizi completamente transattivi, mentre tale percentuale scende sotto il 15% nei Comuni sotto i 5.000 abitanti [25].

Alcuni servizi di sportello (es. Attività Produttive) sono stati recentemente oggetto di switch-off verso l’online in tutti i Comuni, anche se permangono alcune criticità, ad esempio per consegna degli allegati tecnici, che non risulta sempre possibile per via telematica. A livello territoriale, la maggior diffusione di servizi online completamente transattivi si riscontra in Emilia Romagna (40% dei Comuni) e Veneto (30%), mentre le situazioni più arretrate (inferiori al 10%) sono relative alla Basilicata e il Molise, ma anche le Regioni e Province Autonome dell’arco alpino (Valle d’Aosta, Province Autonome di Trento e di Bolzano), dove sono particolarmente numerosi i Comuni di piccole dimensioni. Per quanto concerne in particolare i Comuni capoluogo [26], negli ultimi anni sono stati sviluppati nuovi servizi innovativi, tra quali:

  • Open Data. Il 24% dei Comuni capoluogo pubblica dati in formato aperto sul proprio sito, con una crescita del 130% rispetto all’anno precedente. Allo stesso tempo, nell’ultimo anno sono quintuplicati i dataset pubblicati;
  • Servizi per la mobilità. I capoluoghi con travel planner sono il 43%, in crescita del 50% rispetto al 2012, mentre le città con mobile app per i trasporti pubblici sono il 25% (+ 120%);
  • Servizi per il turismo. Tutti i Comuni capoluogo hanno sviluppato pagine web per il turismo, ma solo in metà dei casi si tratta di veri e propri portali. Tuttavia, risultano ancora poco sviluppati i servizi più interattivi e transattivi: solo il 14% dei Comuni consente di accedere alla prenotazione delle strutture ricettive dal proprio sito e solo il 3% di acquistare online biglietti per musei o monumenti;
  • Sicurezza urbana. Quasi la metà dei Comuni ha installato reti di sensori e videosorveglianza per monitorare la sicurezza in ambito urbano, ma solo il 6% eroga dei servizi online al cittadino in questo ambito;
  • Pagamenti elettronici. Solo il 15% dei Comuni capoluogo consente il pagamento online della TASI, e percentuali ancora più basse riguardano gli altri tributi comunali. La situazione appare migliore per scuole e asili nido comunali, per le quali il pagamento online di alcuni servizi (ad esempio il servizio mensa) è consentito nel 28% dei casi.

La dimensione territoriale

La realizzazione dell’Agenda Digitale Italiana è un’opportunità unica per accelerare il processo di trasformazione della Pubblica Amministrazione e in generale dell’intera struttura economica e sociale del Paese. In tale contesto, il livello regionale e locale rappresentano un ambito fondamentale per la definizione, la concertazione e l’attuazione di politiche di sviluppo digitale, poiché consente di rispondere agli obiettivi europei prevedendo azioni programmatiche proprie delle Regioni, che partono “dal basso” rispettando le specificità a livello locale e allo stesso tempo valorizzando le economie di scala e le possibili sinergie di rete. Tuttavia, le Regioni partono da situazioni molto diverse. Ognuna di esse presenta punti di forza e di debolezza specifici, vocazioni territoriali molto differenti, che sono il risultato da un lato della diversità di alcune condizioni di partenza (es. l’età media più o meno avanzata o la composizione del nucleo familiare o il reddito medio influiscono molto sui tassi di adozione delle varie innovazioni tecnologiche, così come la frammentazione dei piccoli comuni condiziona la capacità di innovazione del sistema amministrativo locale nel suo complesso), dall’altro delle politiche di innovazione che le Amministrazioni hanno condotto negli ultimi anni.

In alcuni settori questi risultati sono più evidenti (ad es. nella sanità, settore che, essendo di competenza regionale, fornisce alla Regione un maggior numero di leve decisionali per agire), in altri sono il frutto di scelte di priorità e di allocazione dei fondi (come è il caso della scuola, dei servizi innovativi alle imprese, della mobilità, e così via), che hanno spinto alcuni settori più avanti di altri.

Per questi motivi la definizione della strategia per la crescita digitale ha seguito un percorso logico, articolato nelle seguenti fasi:

  • identificazione dei settori strategici che hanno un maggior impatto sul processo di trasformazione della Pubblica Amministrazione, sia in termini di incidenza sulla spesa pubblica, che delle potenziali ripercussioni (effetto leva o moltiplicatore) sulla creazione di un ambiente favorevole allo sviluppo dell’innovazione, della crescita e dell’inclusione digitale dell’intero tessuto socio-economico;
  • valutazione del divario territoriale, con particolare riguardo alla dimensione regionale e comunale (a cominciare dai capoluoghi di provincia);
  • identificazione delle migliori pratiche sulla base di indicatori quantitativi e qualitativi, confrontabili - quando possibile - con gli obiettivi europei;
  • selezione delle azioni che possono incidere in maniera, diretta o indiretta, sul miglioramento degli indicatori di cui al punto precedente;
  • definizione di obiettivi temporali e quali-quantitativi per le singole azioni identificate;
  • definizione di un processo di monitoraggio dei risultati.

Il Governo e l’AgID promuovono e partecipano attivamente alla realizzazione delle analisi territoriali all’interno dei settori strategici, sia attraverso organismi istituzionali come la Conferenza Stato - Regioni, che mediante lo stimolo e il patrocinio ad iniziative di tipo privato o pubblico-privato.

Nei paragrafi che seguono vengono riportate, a titolo esemplificativo, alcune delle più recenti analisi territoriali condotte in Italia, che hanno contribuito a definire il contesto di riferimento della strategia per la crescita digitale. Tali analisi fanno parte della strumentazione di monitoraggio continuativo degli scenari a disposizione dell’AgID.

La situazione dell’innovazione nelle Regioni

II 6° quadro di valutazione dell’innovazione regionale (Regional Innovation Scoreboard - RIS) offre una vantazione comparativa delle performance sul piano dell’innovazione di 190 regioni dell’Unione europea, della Norvegia e della Svizzera.

Il RIS si affianca al quadro di vantazione “L’Unione dell’innovazione” che confronta il livello dell’innovazione tra i singoli Stati membri.

EU Member States' innovation performance

Analogamente a quanto avviene per il quadro di valutazione “L’Unione dell’innovazione” in cui i paesi sono classificati in 4 diversi gruppi di rendimento sul piano dell’innovazione, le regioni europee sono state a loro volta segmentate tra: regioni leader dell’innovazione (34 regioni); regioni inseguitrici (57 regioni); regioni con una capacità innovativa ridotta (68 regioni); e regioni in ritardo e con una capacità di innovazione modesta (31 regioni).

La ripartizione delle regioni europee tra i quattro gruppi di innovazione

Nonostante il fatto che si registrino variazioni sul piano del rendimento innovativo regionale all’interno dei Paesi, i gruppi di rendimento regionali corrispondono abbastanza bene ai rispettivi gruppi di rendimento in cui sono classificati i Paesi nel quadro di valutazione “L’Unione dell’innovazione”. La maggior parte delle regioni leader dell’innovazione e delle regioni che tengono il passo appartengono ai Paesi classificati quali leader dell’innovazione e paesi che tengono il passo nel quadro di valutazione “L’Unione dell’innovazione” e la maggior parte delle regioni innovatrici moderate e delle regioni in ritardo sono classificate nello stesso quadro tra gli innovatori moderati e i Paesi in ritardo. Tuttavia, 14 Paesi hanno regioni che si situano in due gruppi di rendimento e quattro Stati membri, Francia, Portogallo, Slovacchia e Spagna, hanno regioni in 3 diversi gruppi di rendimento regionale. Soltanto Austria, Belgio, Bulgaria, Repubblica Ceca, Grecia e Svizzera presentano una resa innovativa relativamente omogenea poiché tutte le regioni di questi paesi si trovano nello stesso gruppo di rendimento.

Tutte le regioni leader dell’innovazione dell’UE (27 Regioni) sono concentrate in solo otto Stati membri dell’UE: Danimarca, Germania, Finlandia, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Svezia e Regno Unito.

In questo contesto, l’Italia occupa una posizione di retroguardia, con solo due Regioni (Piemonte e Emilia-Romagna), che si distinguono per appartenere invece al secondo cluster di innovazione.

Le evidenze regionali

La situazione generale

La situazione delle diverse Regioni è molto eterogenea, come evidenziato anche nella ricerca “Italia Connessa – 2014” di Telecom Italia (http://italiaconnessa.telecomitalia.com/sites/default/files/ItaliaConnessa2014.pdf): sulla base delle categorie e degli indicatori rilevati i territori più innovativi sono stati Lombardia, Trentino, Emilia Romagna e Toscana, con una fascia intermedia rappresentata dalle altre Regioni del Nord e del Centro Italia, mentre le Regioni del Mezzogiorno lamentano una situazione ancora largamente deficitaria.

Innovatività regioni italiane

Sintesi caratteristiche della domanda e offerta

Sulla base delle evidenze sopra riportate è possibile fare alcune considerazioni di sintesi sulle caratteristiche della domanda e dell’offerta di servizi di in rete, che devono essere prese in considerazione per creare un ambiente favorevole allo sviluppo dei servizi ed al loro utilizzo:

  • La domanda di servizi online è condizionata da un livello di diffusione dell’utilizzo di Internet che è ancora significativamente inferiore rispetto a quanto riscontrabile nei Paesi più avanzati. Allo stesso tempo il livello degli skill ICT rimane largamente deficitario rispetto alla media europea;

  • Inclusione digitale e skill ICT sono problemi che accomunano le fasce più anziane di popolazione e molte delle micro imprese italiane;

  • II divario rispetto agli altri Paesi europei è particolarmente evidente per quanto riguarda i servizi transattivi, mentre è più ridotto per i servizi di informazione, comunicazione e intrattenimento;

  • La domanda di servizi online delle imprese presenta un’estrema eterogeneità sia dimensionale, soprattutto, che settoriale. L’innalzamento della cultura digitale delle micro imprese è un tema prioritario per consentire di migliorare il loro livello di competitività;

  • I processi di adozione dei servizi online della Pubblica Amministrazione appaiono fortemente condizionati dal livello di obbligatorietà, così come appare fondamentale il ruolo degli

  • intermediari per garantire l’utilizzo delle procedure telematiche da parte delle imprese minori;

  • Le Amministrazioni a tutti i livelli hanno fatto notevoli sforzi per la digitalizzazione dei processi e per l’attivazione di servizi in rete. Tuttavia, la Pubblica Amministrazione Centrale, le Regioni ed i grandi Comuni mostrano ancora una maggiore capacità di attivare servizi in rete rispetto ai comuni di minori dimensione;

  • A partire dagli anni 2010-11 si è iniziato a parlare più concretamente di switch-off digitale dei servizi, in particolare nei rapporti con le imprese, ma tale obiettivo è stato raggiunto solo in alcuni procedimenti verticali, a dimostrazione dell’importanza della necessità di reingegnerizzazione dei processi. Le esperienze in materia di Sportello Unico delle Attività Produttive, Certificati di Malattia, Processo Civile Telematico, rappresentano degli esempi concreti di possibile attuazione dei processi di diffusione dell’innovazione digitale guidati dai servizi della Pubblica Amministrazione;

  • Alcuni comparti sono stati oggetto di piani di innovazione specifici, di tipo top-down (es. scuola e giustizia) o condivisi tra diversi livelli amministrativi (es. sanità);

  • L’ulteriore sviluppo del processo di digitalizzazione richiede primariamente l’attivazione di progetti nazionali abilitanti (in particolare nell’ambito dei pagamenti elettronici) e di un maggiore coordinamento unitario della programmazione, oltre che iniziative di diffusione della cultura digitale e dello sviluppo delle competenze sia per le imprese, sia per aumentare i tassi di utilizzo fra i cittadini.

    Note

[2]Commissione europea, Digital Agenda Scoreboard, 2015
[3]
Individui che hanno utilizzato Internet almeno una volta a settimana nel corso degli
ultimi tre mesi
[4]Il dato si intende alle imprese che realizzano almeno 1% del proprio fatturato online
[5]Istat, Cittadini imprese e nuove tecnologie, dicembre 2015
[6]Commissione europea, Digital Agenda Scoreboard, 2015
[7]Commissione europea, Digital Agenda Scoreboard, 2015. Indice su 12 possibili attività online.
[8]Commissione europea, Digital Agenda Scoreboard, 2015
[9]Istat, Cittadini imprese e nuove tecnologie, dicembre 2015
[10]Istat, Cittadini imprese e nuove tecnologie, dicembre 2015
[11]Istat, Cittadini imprese e nuove tecnologie, dicembre 2013
[12]Istat, L’uso dell’e-government da parte di consumatori e imprese, 2013
[13]Uso di Internet da parte di persone con 6 anni e più. Istat, Cittadini imprese e nuove tecnologie, dicembre 2015
[14]Commissione europea, Digital Agenda Scoreboard, 2015
[15]Istat, Assetti strutturali e fattori di competitività delle imprese italiane: le micro imprese in Italia, novembre 2013
[16]Si veda a questo proposito la strategia recentemente adottata dall’operatore di servizi di video streaming Netflix per l’ingresso sul mercato europeo.
[17]Commissione europea, Delivering on the European Advantage? Final Insight Report, May 2014
[18]MIP, Osservatorio Innovazione Digitale in Sanità, 2014
[19]Smart City Index, EY 2015
[20]Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell‘8 agosto 2013 (pubblicato in Gazzetta Ufficiale n.243 del 16 ottobre 2013)
[21]Conferenza Stato - Regioni, Patto per la Sanità Digitale - Documento Programmatico, 2014
[22]Decreto Crescita 2.0 e Decreto ministeriale n.781 del 27 settembre 2013
[23]MIUR, DG Studi, Statistica e Sistemi Informativi - Le Dotazioni multimediali per la didattica nelle scuole, A.S. 2014/2015, ottobre 2015
[24]Istat, Le tecnologie dell’informazione e della comunicazione nella Pubblica Amministrazione Locale, 2013
[25]Istat, ICT nella PAL, 2012
[26]Between, Smart City Index, 2014